Il DUVRI è il documento che valuta le interferenze lavorative, ossia le sovrapposizioni delle attività, da parte di più ditte, all’interno dello stesso ambiente di lavoro, solitamente quello del committente che commissiona i lavori da svolgere (Es. tecnici manutentori, pulizie, consulenti presso la sede del cliente).
Presso la sede di Confindustria di Salerno, il giorno 12/11/2018 è stato affrontato un interessante dibattito circa gli aspetti da considerare per la stesura corretta del DUVRI, focalizzando l’attenzione sull’articolo 26 del D.Lgs 81/08 e i relativi commi.
Ne è emerso, a mio giudizio, una sana dose di confusione (!) dovuta alla (s)corretta interpretazione dell’articolo stesso: se da un lato è vero che alcuni punti del testo unico (tra i quali spicca l’articolo 26) sono ancora oscuri e ambigui da interpretare, dall’altro noto scarsa attenzione nella lettura del concetto in se dell’articolo. E’ chiaro come il sole che esso si riferisce alle interferenze lavorative che avvengono quando si hanno sovrapposizioni di attività ed è cura dei datori di lavoro (si parla di collaborazione e cooperazione tra committenti e appaltatori) redigere questo documento che contiene le azioni da svolgere affinché i lavoratori delle varie ditte in questione siano informati dei rischi a cui potenzialmente sono esposti, vista la presenza contemporanea dei colleghi.
Ciò non toglie che ogni datore di lavoro (committente o appaltatore) ha l’obbligo di valutare i rischi della propria azienda e deve farlo esclusivamente con un DVR – obbligo, oltretutto, non delegabile secondo l’articolo 17 del Decreto.
Un punto su cui si è discusso in modo abbastanza approfondito è stato il seguente: ”Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all’articolo 29, comma 6-ter, con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione all’incarico conferito, nonchè di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell’ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento.”
”Attività a rischio basso” non ha una definizione univoca secondo l’articolo 29 ma esse vengono giudicate tali ”sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici dell’INAIL e relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda.” Quasi sicuramente le attività a ”rischio basso” a cui fa riferimento il decreto sono quelle considerate nella tabella dei codici ATECO (presente nel sito nella sezione download informative).
Quindi? E’ sufficiente nominare un preposto (per attività a rischio basso) per informare i dipendenti di terzi dei rischi a cui essi sono sottoposti nel caso in cui debbano operare nei luoghi di lavoro del committente?
Oppure redigere il documento con buona pace di tutti?
A mio avviso, per attività a rischio basso (ad esempio, uffici), bypassando la teoria e affidandoci un attimino alla pratica, l’importante è che l’informazione dei rischi e la consapevolezza in materia di salute e sicurezza sul lavoro venga trasmessa ai lavoratori delle ditte esterne chiamate a realizzare l’opera: gli strumenti, quindi, potrebbero essere
- Le norme comportamentali da adottare
- Un elenco dei rischi presenti
- Una planimetria con la disposizione dei presidi antincendio e primo soccorso e i comportamenti da utilizzare in caso di emergenza
- I recapiti del RSPP e del RLS
- La segnaletica di sicurezza da seguire
- Eventuali procedure di lavoro concordate a priori con l’appaltatore
E’ fuori dubbio che per attività a medio ed alto rischio redigere il DUVRI è fondamentale (per non parlare di un PSC in caso di cantieri temporanei e mobili!) ed obbligatorio – anche se esistono alcuni casi dove non è obbligatorio redigerlo:
- Servizi di natura intellettuale (es. consulenza)
- Forniture di materiali o attrezzature
- Lavori o servizi la cui durata non è superiore a cinque uomini-giorno (ossia il numero complessivo presunto delle giornate lavorative impiegate in un determinato cantiere)
A patto che ”essi non comportino rischi derivanti dal rischio di incendio di livello elevato […] o dallo svolgimento di attività in ambienti confinati […] o dalla presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, di amianto o di atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all’allegato XI del presente decreto.
Ing. Danilo Gagliardi